CIRCOLARE N. 48 DEL 16 LUGLIO 2018

PUBBLICATO IN GAZZETTA UFFICIALE IL DECRETO DIGNITA’

Rif. normativi

e di prassi:

D.L. 87/2018
Ns. Circolare n. 45/2018

In sintesi

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 13/07/2018 del DL 12 luglio 2018 n. 87 (c.d. decreto “dignità”), sono in vigore dal 14/07/2018 alcune importanti disposizioni:

  1. l’esclusione dallo split payment le prestazioni di servizi soggette a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito nonché quelle soggette a ritenuta a titolo d’acconto;
  2. oltre alle modifiche legate alla territorialità degli investimenti, il recupero dell’iper-ammortamento in caso di cessioni a titolo oneroso dei beni agevolati nel corso del periodo di fruizione dell’agevolazione;
  3. modifiche alle discipline dello spesometro e del redditometro.

Di seguito si propongono schematicamente le principali novità introdotte definitivamente dal Decreto Dignità.

Esonero da split payment per i professionisti

Fuoriescono dalla disciplina, quindi, fra gli altri, i professionisti, in qualità di soggetti residenti i cui compensi sono assoggettati a ritenuta a titolo d’acconto a norma dell’art. 25 comma 1 del DPR 600/73, per i redditi di lavoro autonomo da essi percepiti. L’esclusione non dovrebbe invece riguardare gli agenti, i mediatori e i rappresentanti, le cui provvigioni scontano la ritenuta d’acconto di cui all’art. 25-bis del DPR 600/73.

Per i professionisti non residenti, i cui compensi sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta ex art. 25 comma 2 del DPR 633/72, se il servizio è reso a un committente soggetto passivo stabilito in Italia, l’IVA sarà comunque dovuta mediante il reverse charge (meccanismo che “prevale” sullo split payment).

Le nuove esclusioni, stabilite dal DL 87/2018, si applicano alle operazioni per le quali è emessa fattura a decorrere da domani, 15 luglio 2018, in quanto primo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto. Pertanto, le prestazioni per le quali è emessa fattura sino alla data del 14 luglio 2018 da parte di professionisti e altri lavoratori autonomi, sono soggette alle regole dello split payment anche se il corrispettivo non è ancora stato pagato.

A mutare è essenzialmente il soggetto tenuto a versare l’imposta: l’obbligo di versamento non ricade più sulla P.A. o società committente (con le particolari modalità di cui agli artt. 4 e 5 del DM 23 gennaio 2015), bensì torna in capo al prestatore che provvede secondo le modalità ordinarie (liquidazioni periodiche).
A livello di fatturazione il prestatore dovrà avere cura di non riportare sulla fattura le indicazioni e i riferimenti normativi dello split payment (art. 17-ter del DPR 633/72), continuando però a esporre l’imposta sul documento.

Particolare attenzione deve essere posta per l’emissione delle note di variazione emesse a decorrere dal 14 luglio 2018.

Mutuando quanto descritto nella circolare Agenzia delle Entrate n. 15/2015, è possibile ritenere che:

  • l’emissione delle note di variazione in aumento, al ricorrere dei presupposti ex art. 26 del DPR 633/72, debba seguire comunque le regole ordinarie, anche se la fattura originaria era stata emessa seguendo il meccanismo dello split payment;
  • per le note di variazione in diminuzione, debba farsi riferimento alle modalità con le quali la fattura originaria è stata emessa.

Note di variazione a seconda della fattura originaria

Nello specifico, se la variazione si riferisce a una fattura originaria emessa con applicazione dello split payment, la nota dovrà essere numerata, indicare l’ammontare della variazione e dell’imposta e fare esplicito riferimento alla fattura di vendita, ma la relativa imposta – non essendo confluita nella liquidazione periodica del fornitore – non potrà essere portata in detrazione ex art. 19 del DPR 633/72.

Il prestatore dovrà limitarsi ad annotare a variazione nel registro delle vendite, senza che si determini alcun effetto nella liquidazione IVA del periodo.

Il tema è particolarmente delicato perché il presupposto per l’emissione della nota di variazione in diminuzione potrebbe verificarsi anche a distanza di anni dall’esclusione, per il fornitore, dalla disciplina dello split payment (si pensi al caso della prestazione che viene meno per assoggettamento della società acquirente a una procedura concorsuale che si rivelerà infruttuosa).

Viceversa, per il soggetto acquirente, sottoposto alla disciplina dello split payment, la nota di variazione dovrà essere annotata nel registro delle vendite (o effettuando il versamento diretto dell’IVA all’Erario) se l’acquisto avviene nell’ambito dell’attività commerciale.

Se, invece, l’acquisto rientra nell’attività istituzionale, la P.A. acquirente potrà computare tale maggior versamento a scomputo dei successivi versamenti IVA da effettuare nell’ambito del meccanismo dello split payment.

Recupero dell’iper-ammortamento in caso di cessione dei beni agevolati

Il decreto “dignità” (DL n. 87/2018), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 13/07/2018, oltre alle modifiche legate alla territorialità degli investimenti, prevede il recupero dell’iper-ammortamento in caso di cessioni a titolo oneroso dei beni agevolati nel corso del periodo di fruizione dell’agevolazione.

Tale nuova disposizione riguarda, a differenza di quanto inizialmente prospettato, soltanto gli investimenti effettuati dopo il 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto), senza quindi alcun effetto retroattivo.

Il recupero, secondo la nuova disposizione, avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso (o la delocalizzazione) degli investimenti agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi.

In precedenza, l’Agenzia delle Entrate, nell’ipotesi di cessione del bene agevolato senza sostituzione, aveva invece chiarito che la mancata sostituzione del cespite agevolato, nei termini e alle condizioni previste dall’art. 1 commi 35 e 36 della L. 205/2017, produceva effetti esclusivamente sulla prosecuzione del meccanismo applicativo del beneficio, ma non comportava alcuna restituzione del beneficio relativo alla deduzione delle quote di iper-ammortamento legittimamente maturate prima della cessione (risposte Agenzia delle Entrate a Telefisco 2018).

Potevano quindi essere applicati i chiarimenti forniti con riferimento ai super-ammortamenti in tema di cessione del bene prima della completa fruizione dell’agevolazione e dell’irrilevanza della maggiorazione ai fini del calcolo della plusvalenza/minusvalenza derivante dalla cessione del bene.

In particolare, nell’esercizio di cessione: la maggiorazione è determinata secondo il criterio pro rata temporis; le quote di maggiorazione non dedotte non possono più essere utilizzate, né dal soggetto cedente né dal soggetto cessionario (che acquista un bene “non nuovo”); le quote di maggiorazione dedotte non sarebbero oggetto di “restituzione” da parte del soggetto cedente, poiché la normativa non prevedeva alcun meccanismo di recapture (circ. Agenzia delle Entrate n. 4/2017, § 6.4 che richiama il § 5.4).
Tali chiarimenti, stando alla decorrenza delle nuove disposizioni, sarebbero ancora validi con riferimento agli investimenti effettuati prima dell’entrata in vigore del decreto “dignità” (ad esempio, per gli investimenti effettuati nel 2017).

A seguito delle modifiche introdotte, viene invece ora previsto che in caso di cessione a titolo oneroso dei beni agevolati, acquistati dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, l’iper-ammortamento sia recuperato interamente, dovendo quindi “restituire” le quote di maggiorazione già dedotte.

Ad esempio, considerando un bene agevolato acquistato dopo l’entrata in vigore del DL ad un costo di 10.000 euro e interconnesso nel 2018 (aliquota di ammortamento civile e fiscale 20%), con conseguente iper-ammortamento spettante pari a 15.000 euro, supponendo che tale bene venga ceduto a titolo oneroso nel 2020, stando alla nuova disposizione occorrerà effettuare una variazione in aumento nel modello REDDITI 2021 di 4.500, pari all’iper-ammortamento già fruito (1.500 nel 2018 e 3.000 nel 2019).

Per i super-ammortamenti nessun recupero

La nuova disposizione riguarda, per espressa previsione, solo gli iper-ammortamenti, per cui in caso di cessione di beni oggetto di super-ammortamento continua a non essere prevista la restituzione, ma soltanto l’impossibilità di continuare a fruire dell’agevolazione.

Il nuovo meccanismo di recapture non si applica, inoltre, nel caso in cui la cessione del bene sia accompagnata dalla sostituzione dello stesso, secondo le condizioni previste dall’art. 1, commi 35 e 36 della L. 205/2017.

Secondo tale disposizione, se nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo si verifica il realizzo a titolo oneroso del bene oggetto dell’iper-ammortamento, non viene meno la fruizione delle residue quote del beneficio, così come originariamente determinate. Ciò però solo a condizione che, nello stesso periodo d’imposta del realizzo, l’impresa sostituisca il bene originario con un bene materiale strumentale nuovo avente caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall’Allegato A alla L. 232/2016 e attesti l’effettuazione dell’investimento sostitutivo, le caratteristiche del nuovo bene e il requisito dell’interconnessione secondo le regole di cui all’art. 1 comma 11 della L. 232/2016 (dichiarazione del legale rappresentante o perizia tecnica giurata/attestato di conformità).

Spesometro

Il decreto prevede che, ai fini dell’applicazione del redditometro, il decreto che individua gli elementi indicativi di capacità contributiva possa essere emanato dal Mef dopo aver sentito l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa e alla propensione al risparmio dei contribuenti.

Il D.M. 16 settembre 2015 non avrà più effetto per i controlli ancora da effettuare sull’anno di imposta 2016 e successivi.

Redditometro

I dati relativi al terzo trimestre 2018, potranno essere inviati telematicamente all’Agenzia delle Entrate entro il 28 febbraio 2019, anziché entro il secondo mese successivo al trimestre.

Per i contribuenti che abbiano optato per l’invio a cadenza semestrale, i termini sono fissati rispettivamente al 30 settembre del medesimo anno per il primo semestre e al 28 febbraio dell’anno successivo per il secondo semestre.