CIRCOLARE 17 DEL 29 MARZO 2021

LA RIVALUTAZIONE DEI BENI D’IMPRESA

Rif. normativi

e di prassi:

D.L. 104/2020

In sintesi

Si riepilogano qui di seguito le tecniche contabili di rivalutazione per i beni d’impresa e le partecipazioni di controllo e collegamento nel bilancio d’esercizio chiuso al 31 dicembre 2020.

Il D.L. 104/2020 ha previsto la possibilità di rivalutare i beni di impresa e le partecipazioni di controllo e collegamento nel bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2020, a condizione che i beni fossero già presenti in quello del precedente esercizio 2019.

La rivalutazione può essere solo civilistica, oppure può essere estesa anche in ambito tributario, mediante pagamento di una imposta sostitutiva del 3% sui maggiori valori iscritti (senza distinzione tra beni ammortizzabili e non ammortizzabili.

Nel caso in cui si scelga di ottenere il riconoscimento fiscali dei maggiori valori, la riserva di rivalutazione che si crea risulta essere in sospensione di imposta; tale regime può essere evitato mediante il pagamento di una ulteriore imposta sostitutiva del 10%.

Nel prosieguo, vediamo come la rivalutazione deve essere recepita nella contabilità ordinaria, premettendo che le operazioni oltre dettagliate rappresentano l’ultima scrittura dell’esercizio 2020, quindi dopo che sono già stati stanziati gli ammortamenti di tale esercizio.

A tale ultimo riguardo, rammentiamo anche che, sempre il D.L. 104/2020 consente di ridurre – sino ad azzerarli – tali ammortamenti, con la conseguenza che i due ragionamenti possono essere tra loro connessi.

Il nuovo valore da attribuire ai beni

È noto che la normativa civilistica non consente di operare rivalutazioni, se non in casi eccezionali (si esemplifica il caso della scoperta di un giacimento petrolifero), ovvero al ricorrere di disposizioni legislative derogatorie, come il caso che stiamo analizzando.

Quando la rivalutazione è ammissibile, risulta importante definire il nuovo valore da attribuire al bene o ai beni interessati, tenendo presente che – nell’attuale disciplina – non esiste più il vincolo di estensione obbligatoria della rivalutazione a tutti i beni della medesima categoria omogenea.

Il valore massimo che può essere attribuito può essere determinato avendo riguardo:

  • al valore interno;
  • al valore di mercato.

Il primo rappresenta una valorizzazione che tiene conto dell’utilità che il bene può fornire all’economica dell’impresa, tenendo conto del suo impiego nel ciclo produttivo; si tratta di una determinazione non certo agevole, in quanto presuppone delle proiezioni future.

Il secondo rappresenta la valorizzazione di un bene con analoghe caratteristiche sul mercato libero; qui la quantificazione è certamente più agevole, in quanto si può ricorrere a una perizia o a una quotazione di un tecnico del settore (ad esempio, per un immobile si può ricorrere ad una perizia di un ingegnere, di un architetto o di un geometra, ovvero si può fare riferimento alle quotazioni OMI).

Va detto che la perizia non è obbligatoria, ma certamente è consigliata, per maggiore tranquillità dell’organo amministrativo e, ove presente, di quello di controllo.

La perizia, ove ritenuta utile, potrà essere redatta entro il termine per l’approvazione della bozza di bilancio, con riferimento ai valori dei beni al 31 dicembre 2020.

Ad esempio:

  • costo storico del bene iscritto: euro 200.000 (per ipotesi, un immobile riscattato da leasing nel 2018);
  • fondo di ammortamento: euro 9.000;
  • valore netto contabile: 191.000
  • valore di mercato: 1.000.000
  • valore massimo rivalutazione: 809.000 euro.

Va rammentato che, secondo l’Agenzia delle entrate, non appare possibile iscrivere nell’attivo un valore superiore al costo di riacquisto a nuovo del bene; tale limite, si apprezzerà meglio con la lettura del successivo paragrafo in tema di tecniche contabili di rivalutazione.

Le tecniche contabili di rivalutazione

La rivalutazione può essere contabilmente rappresentata in 3 differenti modalità:

  1. mediante incremento del solo costo storico;
  2. mediante incremento del costo storico e modifica del fondo ammortamento;
  3. mediante riduzione del fondo di ammortamento.

Va detto che, pur nell’ambito di una libera scelta di una di queste tre tecniche, vi sono delle ricadute differenti in ambito contabile e fiscale, in relazione alla scelta effettuata.

I documenti OIC ricordano, però, come sia importante rispettare il vincolo del mantenimento della durata dell’originario piano di ammortamento, sempre che la modifica di tale parametro non discenda da ulteriori valutazioni dell’organo amministrativo, in modo autonomo e scollegato rispetto alla rivalutazione.

Detto ciò, vediamo le tre modalità rappresentate, considerando come base i seguenti dati:

  • costo storico del bene (impianto): 100
  • fondo ammortamento del bene: 60 (6 quote di ammortamento da 10)
  • valore netto contabile al 31 dicembre 2020: 40
  • valore di mercato del bene: 80
  • rivalutazione possibile: 40

Ove si volesse incrementare il solo costo storico, accadrebbe quanto segue:

  • nuovo costo storico: 140
  • fondo ammortamento: 60
  • valore netto contabile post rivalutazione: 80
  • valore di mercato del bene: 80

A livello di scritture contabili (al 31 dicembre 2020) si avrebbe:

Impianti a Riserva da rivalutazione D.L. 104/2020 40,00

Tale rappresentazione contabile dà conto della sola rivalutazione civilistica; ove si intendesse dare copertura anche fiscale all’operazione, occorre evidenziare anche il debito per imposta sostitutiva, con riduzione della Riserva da rivalutazione e non imputazione a Conto economico.

Pertanto:

Riserva da rivalutazione D.L. 104/2020 a Debiti verso Erario 1,2

Ovviamente, in tal caso risulterebbe mutato il tempo del piano di ammortamento, violando così le prescrizioni dell’OIC.

Ove si intendesse rispettare tale vincolo, occorre agire sia sul costo storico che sul fondo di ammortamento.

Prima della rivalutazione, il piano di ammortamento si sarebbe concluso nei 4 anni successivi, con la conseguenza che – post rivalutazione – anche il nuovo processo di ammortamento (sui nuovi valori) deve concludersi nel medesimo periodo.

Quindi:

  • quote di ammortamento (nuove da stanziare): 14 x 4 = 56
  • valore residuo contabile: 140 – 56 = 84
  • maggiore fondo ammortamento: 84 – 60 = 24
Impianti a Riserva da rivalutazione D.L. 104/2020 40,00
Riserva da rivalutazione D.L. 104/2020 a Fondo Ammortamento Impianti 24,00

A livello di bilancio, dunque, si avrà la seguente situazione (fermi gli altri valori):

STATO PATRIMONIALE POST RIVALUTAZIONE
Impianti 140,00 Fondo Ammortamento Impianti 84,00
Riserva da rivalutazione 16,00

Nel caso in cui si volesse attribuire rilevanza fiscale alla rivalutazione, si effettueranno le medesime scritture per l’imposta sostitutiva di cui al precedente esempio.

Infine, nell’ipotesi in cui si intendesse ridurre il fondo di ammortamento, si andrà a confessare (in un certo qual modo) di avere esagerato lo stanziamento delle quote degli anni precedenti; in tal modo, sul versante civilistico, si tratta di una vera e propria rivisitazione del piano di ammortamento, che dovrà essere adeguatamente accompagnata da una giustificazione nella nota integrativa.

A livello contabile:

  • costo storico (immutato): 100
  • fondo ammortamento ante rivalutazione: 60
  • valore netto contabile aggiornato: 80
  • necessaria riduzione del F.do Amm.to: 40

Contabilmente si avrà:

Fondo Ammortamento Impianti a Riserva da rivalutazione D.L. 104/2020 40,00

Per conseguenza, la nuova situazione patrimoniale si presenterà come segue:

STATO PATRIMONIALE POST RIVALUTAZIONE
Impianti 100,00 Fondo Ammortamento Impianti 20,00
Riserva da rivalutazione 40,00

Mantenendo inalterato il piano di ammortamento con quote di 10 per ciascun anno, il processo terminerà in 8 anni e non più in 4 come in precedenza.

Nel caso in cui si volesse attribuire rilevanza fiscale alla rivalutazione, si effettueranno le medesime scritture per l’imposta sostitutiva di cui al primo esempio.

L’affrancamento della riserva da rivalutazione

Come detto, per evitare il regime di sospensione di imposta alla Riserva da rivalutazione, risulta possibile l’affrancamento, con versamento di una imposta sostitutiva del 10%.

A tale riguardo, va notata una problematica che vede contrapposta l’Agenzia delle entrate con la Cassazione. Infatti:

  • secondo l’Agenzia delle entrate l’imposta sostitutiva va conteggiata sul valore lordo della Riserva, vale a dire sul valore contabile lordizzato della sostitutiva imputata a scomputo;
  • secondo la Cassazione, invece, ciò che deve essere affrancato è solo il valore contabile, unico importo che può essere attribuito ai soci (circostanza questa che, per effetto del regime di sospensione di imposta, determina la tassazione della riserva in capo alla società).

Riprendendo il primo dei tre esempi sopra proposti, si avrebbe dunque che:

  • secondo l’Agenzia, il 10% va corrisposto sull’importo di 40,00;
  • secondo la Cassazione, il 10% va corrisposto sull’importo di 38,80.

Il riconoscimento fiscale dei maggiori valori

Nel caso in cui la società decida di versare l’imposta sostitutiva per ottenere il maggior riconoscimento fiscale, va notato che:

  • ai fini degli ammortamenti, del plafond spese di manutenzione e del regime delle società di comodo, i maggiori valori saranno riconosciuti già dal 2021;
  • ai fini delle eventuali plusvalenze o minusvalenze da cessione del bene rivalutato, è necessario attendere il 1° gennaio del 2024. Ciò determina un disallineamento di valori contabili e fiscali che dovrà essere gestito mediante la compilazione del quadro RV del modello dichiarativo (sino al momento di riallineamento dei valori).

Si consideri il seguente esempio, riferito al bene rivalutato con solo incremento del costo storico:

  • nel corso del 2021 il bene ha un valore residuo contabile di 80, ma un valore fiscale (ai fini della cessione) di 60;
  • nel corso del 2021 il bene viene ceduto ad un corrispettivo di 90, evidenziando una plusvalenza contabile di 10;
  • a livello fiscale, la plusvalenza da tassare è pari a 50, in quanto il maggior valore rivalutato (40 nel nostro caso) troverà riconoscimento fiscale solo a decorrere dal 2024; si rende quindi necessario operare una variazione in aumento per 40 nella dichiarazione dei redditi.